La nostra storia
Da un’idea di Giovanni Rossi
Tutto ha iniziò durante una trasmissione televisiva, il MAURIZIO COSTANZO SHOW, al quale partecipano alcuni ospiti del Centro Psico Sociale.
Davanti a una platea numerosa uno dei pazienti riesce a parlare della propria patologia con assoluto distacco, comportandosi con tranquillità.
Un episodio che fa riflettere e che fa maturare l’idea di un trattamento sanitario atipico: la radio.
“La radio fa bene se la faccio, la tv fa male se la vedo”. Ciò viene rinforzato dalla conoscenza di un’esperienza lontana fisicamente ma vicina idealmente: “La Colifata, una radio nata nel 1991 a Buenos Aires, all’interno di un istituto neuropsichiatrico che è diventato modello di ispirazione per l’esperienza mantovana portando avanti un discorso in comune: è la promozione della salute mentale.
La struttura che fa partire il progetto è l’Unità Operativa di Psichiatria dall’Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova, ha tutti i requisiti richiesti dalla direttiva, fra cui spiccano i reparti aperti, una rete capillare di ambulatori e la disponibilità a percorsi di inserimento lavorativo e socializzazione. Rete 180 nasce a livello sperimentale il 10 ottobre 2003 in occasione della giornata mondiale della salute mentale, prende il nome dalla legge 180 del 1978, nominata legge Basaglia, che regola i trattamenti sanitari volontari obbligatori per la malattia mentale e che “libera e consente l’espressione di chi era silenziato”. Rete 180 trasmette su internet 24 ore su 24 al sito www.rete180.it la redazione è suddivisa in segreteria, parte tecnica e parte redazionale, ed è formata da 12 redattori, due tutor, un direttore artistico (dottor Enrico Baraldi) e l’editore (dottor Giovanni Rossi); è partita come progetto stabile e continuativo dal giugno 2006. La vera origine e forza della radio si situa intorno alle cosidette “pillole”. Un concetto innovativo che sposta l’attenzione dalla cura farmacologica alla valorizzazione della redazione e dell’ascolto reciproco… Le pillole di Rete 180 sono infatti piccole trasmissioni “corali” dove si lancia un argomento e se ne discute tutti insieme davanti al microfono. Rete 180 è “la voce di chi sente le voci”: tale slogan ci ricorda due cose fondamentali: in primis che i redattori sono persone che hanno avuto e/o hanno attualmente disturbi di valenza psichiatrica fra cui spiccano patologie con deliri visivi e uditivi… le famose “voci”. Questo è il secondo punto fondamentale, le voci non solo si sentono ma si possono anche ascoltare.
E così nascono Radio Fragola a Trieste, Rete 180 a Mantova, Psicoradio a Bologna, Radio Shock a Piacenza, tutte emittenti fm, radio web, progetti radiofonici che, in luoghi e con modalità diverse, raccontano la follia con le voci di chi vive sulla propria pelle questa condizione: “la radio può essere mezzo di espressione di chi l’ha vissuta o vive la sofferenza psichica – racconta Lucia Manassi, caporedattrice di PsicoRadio, un progetto radiofonico nato due anni fa in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna che realizza la trasmissione mandata in onda da Radio Popolare Network. “Il microfono da la possibilità di condividere il significato reale di una condizione difficile come la malattia mentale; la possibilità di comunicarla, di lavorarci su, aiuta le persone a fare meglio.
L’esperienza radiofonica è anche un progetto di formazione professionale: gli utenti del dipartimento di salute mentale diventano redattori a tutti gli effetti; imparano a realizzare interviste e inchieste, vengono preparati alla conduzione delle trasmissioni, e a passare brani musicali. La radio fa bene a chi la fa, quindi. Ma anche a chi l’ascolta.
Parlare di follia e, soprattutto, parlarne con le parole e i pensieri di chi la vive, può aiutare a far morire lo stigma del matto. “Ancora oggi la malattia mentale, più di altre malattie, per la sua forma, per la sua complessità, per il mondo in cui entrano le relazioni, allontana le persone dai circuiti normali della quotidianità – commenta Massimo Cirri . Spesso, l’esclusione si annida nell’uso delle parole, nel muro fonetico fra “noi” e i “matti” che tante volte capita di ascoltare. La radio diventa allora un nuovo strumento capace di creare nuovi circuiti di comunicazione, di abbattere i muri delle parole, come quelle del manicomio.