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Domenica, 18 Settembre 2016 09:22

Mario Sassi presenta la sua ultima fatica letteraria

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Presentazione del libro di Mario Sassi "Perché si continuano ad uccidere i ragazzi dai calzoni rosa?", intervistano l'autore Barbara Baroni e Lucia Greco

Sabato, 10 Settembre 2016 07:58

Intervista a Boualem Sansal

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(da festivaletteratura.it) «Boualem è un nome di origine berbera: significa 'stendardo'. In realtà, l'autore non ha mai voluto essere un simbolo. Il suo destino di esule in patria rappresenta però le difficoltà di tutti gli intellettuali che provano, nell'Algeria di oggi, a dimostrare la possibilità di un islam generoso, tollerante, aperto» (Luigi Marfé su "L'indice"). Scrittore e romanziere, classe 1949, Boualem Sansal ha ottenuto una consacrazione internazionale grazie a opere come "Le Serment des barbares" (1999, Prix du Premier Roman e Prix Tropiques) e "Poste restante: Alger" (2006), bandite in madrepatria e ritenute pietre miliari della narrativa contemporanea. Ostracizzata, tagliente, cristallina, la sua poetica è un inno alla libertà dell'individuo e un'incalzante requisitoria contro le derive autoritarie e fondamentaliste del nostro tempo. Nel pluripremiato "Il villaggio del tedesco", Sansal narra il ritorno alle origini di due fratelli algerini espatriati a Parigi, costretti a fare i conti con le colpe imperdonabili dei padri dopo che i genitori sono periti per mano di un gruppo armato. In "2084. La fine del mondo", vincitore del Grand Prix du Roman de l'Académie française, l'autore cambia completamente registro e riscrive magistralmente la fiaba distopica di "1984", immaginando una teocrazia totalitaria sorta dalle ceneri di una guerra santa globale, in cui l'unico germe di speranza è il protagonista del romanzo, Ati, uomo in rivolta e perfetta reincarnazione dell'orwelliano Winston Smith.

(da Wikipedia) Boualem Sansal (in arabo: بوعلام صنصال‎) (Algeri, 1º luglio 1949) è uno scrittore algerino, attivo nella condanna del Fondamentalismo islamico dal 1992, anno della morte del politico Mohamed Boudiaf (uno dei fondatori del Fronte di Liberazione Nazionale), seguita da quella di un suo amico e al crescere delle persecuzioni. Sebbene sia stato vittima lui stesso di persecuzioni, soprattutto dopo la pubblicazione dei suoi libri, è tuttavia deciso a continuare a vivere in Algeria. Scrive in Francese: infatti, sebbene le sue opere siano state messe al bando in Algeria, in Francia ha trovato il successo letterario e la consacrazione internazionale. Nel 2012 gli stava per essere conferito il Prix du Roman Arabe; tuttavia, in seguito alla sua partecipazione al Festival degli scrittori di Gerusalemme, gli è stato revocato; Avigdor Lieberman, Ministro degli Esteri israeliano, chiese che la comunità internazionale si esprimesse contro tale boicottaggio, mentre un portavoce del Prix dicharò che la loro decisione non era stata influenzata da Hamas.

Dal suo primo romanzo, Le serment des Barbares (pubblicato nel 1999 da Gallimard), è stato ricavato un film.

 

Venerdì, 09 Settembre 2016 08:46

Intervista ad Alessandro Della Casa

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Alessandro Della Casa è stato Presidente dell'Associazione Filofestival dalla sua fondazione fino al 2000, e come tale membro del Comitato Organizzatore fino al 1999. Dal 2001 entra a far parte della Segreteria Organizzativa della quale è il coordinatore. Si occupa anche della gestione dei volontari.

Giovedì, 08 Settembre 2016 14:22

Intervista a Silvio Perrella

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Al Festivaletteratura di Mantova 2016 Silvio Perrella partecipa a due eventi.

Il primo, dal titolo I NOSTRI ANTENATI (accenti), si chiede chi sono gli antenati-scrittori dell’oggi? E perché? Ne parla a partire da Addii, fischi nel buio, cenni, il libro nel quale racconta la generazione di scrittori italiani nati tra le due guerre mondiali, forse l’ultima dei padri e della madri della nostra letteratura.

Il secondo, con Mathias Énard dal titolo DALL’AUSTRIA ALLA SIRIA. Nel romanzo-fiume "Zona" è riuscito a mappare il fl usso di coscienza di una spia in un viaggio lungo una notte; in Parlami di battaglie, di re e di elefanti si è servito della fi gura di Michelangelo per immaginare un favoloso incontro tra Oriente e Occidente all’alba della modernità; in Via dei ladri ha raccontato una picaresca storia di migrazioni del nostro tempo. Ora, con Bussola, Mathias Énard intraprende un nuovo, avvincente itinerario romanzesco per decifrare un’epoca che, più di ogni altra, ci sfi da a ridisegnare i confi ni tra civiltà. Dialoga col vincitore del Prix Goncourt 2015 il critico letterario Silvio Perrella.

Silvio Perrella, siciliano di nascita, vive e lavora a Napoli. Autore di Calvino (Laterza, 1999), Fino a Salgareda - La scrittura nomade di Goffredo Parise (Rizzoli, 2003, nuova edizione edita da Neri Pozza nel 2015, con il sottotitolo I movimenti remoti di Goffredo Parise), di Giùnapoli (Neri Pozza, 2006), di In fondo al mondo. Conversazione in Sicilia con Vincenzo Consolo (Mesogea, 2014) e di Doppio scatto (Bompiani, 2015), Addii, fischi nel buio, cenni (Neri Pozza, 2016), le sue favole urbane: "L'aleph di Napoli", "L'alfabeto del mare", "Le ombre della Gaiola" costituiscono la "Trilogia dei giovani amanti di Città".

Sabato, 19 Marzo 2016 07:04

Rete 180 intervista Pierpaolo Capovilla

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15 marzo 2016

Castiglione delle Stiviere

Pierpaolo Capovilla, leader della band Il Teatro degli Orrori, da sempre molto vicino al tema del disagio mentale, ha aderito alla campagna “E tu slegalo subito!”. Rete 180 apre i suoi microfoni per indagare un musicista, un artista, ma anche un uomo vicino alle vittime delle cattive pratiche in psichiatria. La voce di chi sente le voci è Barbara, che ha realizzato una splendida intervista.

Qual è il rapporto tra musica e poesia nelle sue opere?

Premesso che non sono un poeta, ma solo un autore di canzoni, penso che la poesia sia una cosa seria, che tende alla ricerca della verità. Indubbiamente c’è un rapporto molto stretto tra musica e poesia, ma nella canzone c’è anche provocazione, c’è ironia.

Quanto tempo occorre per realizzare un disco?

Ah, dipende. L’ultimo lavoro, ad esempio, è stato composto e registrato in 5 mesi. Un disco non si può realizzare in pochi giorni, anche se il tempo è tiranno e le tecnologie costano molto, ma si deve stare attenti a non cader vittime della fretta.

Nel comporre lavora di più la fantasia o la razionalità?

Occupandomi quasi esclusivamente della parte letteraria delle canzoni del Teatro degli orrori, temo che sia più la razionalità a lavorare, poiché dovendo narrare me stesso, e quindi anche la società che mi sta attorno, il mio approccio alla realtà è di tipo analitico. 

Spesso i vostri testi vengono paragonati ad un pugno nello stomaco, ad allucinazioni sonore, a qualcosa che ci smuove le viscere e ci provoca malessere. Lei che ne pensa?

Personalmente non concordo, sono più le canzoni di artisti come Laura Pausini o Dolcenera a farmi precipitare in uno stato d’ansia, è la superficialità e l’incapacità di narrare la vera società che ci circonda a darmi malessere, per questo credo che la musica italiana leggera non abbia più nulla da dirci. Il rock buono e genuino non mi fa star male, non mi trasmette una sensazione di sopraffazione, al massimo di amorevole rabbia. Il nostro rock è vero, autentico e massimalistico e penso che emani emancipazione, piuttosto che frustrazione.

Ha aderito alla campagna contro la contenzione meccanica in psichiatria. Come mai si è avvicinato alla questione del disagio mentale?

L’evento scatenante fu una vicenda legata ad un mio amico veneziano che una sera, sotto l’effetto di alcool e forse di qualche allucinogeno, si mise a pisciare su un bancomat. A seguito di questa stupida trovata però non venne arrestato o denunciato, ma gli venne somministrato un TSO, a cui ne seguì un altro e poi un altro ancora, con il consenso del padre, che era stato convinto da alcuni psichiatri che quella era l’unica soluzione possibile. Questo racconto ha risvegliato il mio interesse nei confronti della causa e mi ha suggerito alcune importanti letture come “Il manicomio chimico” o “La fabbrica della salute mentale”, di Piero Cipriano. Così ho appreso che c’è uno stretto rapporto tra la psichiatria e la società moderna, nell’uso di alcuni strumenti di prevaricazione e umiliazione. Mi sono avvicinato quindi al forum della salute mentale e ho avuto la fortuna di conoscere personaggi come Giovanna del Giudice o Peppe dell’Acqua, e tutto uno speranzoso gruppo di psichiatri democratici, impegnati nel cambiamento di pensiero nel segno della 180, che vedono alcune forme di contenzione solo come soluzione ultima ed estremissima. Penso che l’argomento in questione, le cattive pratiche nella psichiatria, sia ancora sconosciuto e quello che provo a fare è cercare di contribuire nella diffusione di informazione e ella sensibilizzazione sul tema.

Ci sono artisti che hanno avuto problemi con la psiche o sono stati ingiustamente considerati malati di mente, come Van Gogh o Alda Merini. Questi personaggi entrano nell’eco della poesia musicale?

Sì, certamente. Oltre agli straordinari nomi che hai citato mi viene in mente Antonin Artaud, eccezionale drammaturgo ideatore del teatro della crudeltà, che fu rinchiuso 9 mesi in un manicomio dove subì innumerevoli elettrochock e che può essere considerato una vittima dell’ideologia psichiatrica del 900’. Il poeta viene spesso considerato un pazzo perché la poesia narra la verità, il cuore delle circostanze, e per questo spesso è invisa dal potere. Temo che una certa psichiatria sia diventata uno strumento dello stato per rivalersi sulle intelligenze degli “internati” camuffandoli da pericolosi. Dire la verità è da sempre molto pericoloso e risulta scomodo, del resto. Se Gesù Cristo tornasse in piazza urlando la sua verità, oggi non esiterebbero a fargli un TSO. A questo proposito non può non venirmi in mente Francesco Mastrogiovanni che, a seguito di un trattamento sanitario obbligatorio, morì crocifisso ad un lettino dopo 82 ore di contenzione. Queste misure di estrema violenza rappresentano una tortura moderna, nient’altro.

Questa sera ci leggerà alcune poesie di Pierpaolo Pasolini. Quale significato ha riproporre un artista da sempre in difesa degli “ultimi” in una città come Castiglione delle Stiviere, che ha ospitato un noto OPG?

Le poesie di Pasolini che ho scelto per il reading non sono direttamente legate alla psichiatria ma descrivono il decadere di una società in una situazione di tremendo oblìo, i disvalori dati dal consumismo, un ambiente in cui regna l’indifferenza, espressione di un profondo egoismo quotidiano che ha pian piano sostituito il sentimento di cittadinanza attiva. In questo senso il problema dell’indifferenza nei confronti del tema della psichiatria è dato da un certo menefreghismo, qualunquismo e ignoranza che ormai dominano nella nostra società.

“Slint” è un brano dedicato ad alcune persone che hanno patito il dolore, la solitudine e il peso dell’esistenza. Ce ne può parlare?

Il titolo viene dal nome di una rock band statunitense che fu cruciale per la formazione musicale e artistica del Teatro degli Orrori. Siamo particolarmente legati a un loro brano dal nome Washer, che lasciò stupefatti al pensiero che era stata partorita da ragazzi così giovani. Tuttavia, “slint” nel gergo inglese significa “sottilissimo raggio di sole”. Scrivendo questa canzone mi sono immaginato vittima di un TSO mentre ricordo questa meravigliosa canzone. La metafora che si sviluppa per l’intera durata del pezzo gioca sul potere della musica di riannodare il sottile e fragilissimo filo che ci lega alla nostra storia. In questo senso la musica è profondamente terapeutica: riconoscendo nel proprio vissuto ciò che eravamo, riusciamo a riconoscerci anche nel presente. Si conclude con i cormorani che si tuffano nel mare per pescare, ma questo non è un invito al suicidio, è semplicemente la metafora della vita.

Le è mai stato impedito di esprimersi liberamente?

Non mi è mai stato impedito, forse qualche poliziotto ha fatto un tentativo, chi ci volesse provare dovrebbe farlo a suo rischio e pericolo!

15 marzo 2016

castiglione delle stiviere
Giovedì, 17 Marzo 2016 15:12

Intervista a Pierpaolo Capovilla

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Milano 10 Ottobre – Allarme di Pediatri e Neuropsichiatri dell’Infanzia e dell’Adolescenza: “Meno di 1 bambino/adolescente su 4 riesce ad accedere alle cure di cui ha necessità”. Giornata mondiale della Salute Mentale

Dopo più di vent’anni dall’istituzione nel 1992 della Giornata Mondiale della salute Mentale, ancora non si parla di salute mentale in infanzia e adolescenza, confermando come l’infanzia sia nel nostro paese un tema drammaticamente dimenticato.

I disturbi neuropsichici dell’età evolutiva sono infatti tra i disturbi più diffusi nell’infanzia ma, purtroppo, ancora troppo poco considerati. Colpiscono 1 bambino/adolescente ogni 5, con disturbi molto diversi tra loro che vanno dall’autismo all’epilessia, dalla depressione al disturbo del linguaggio, dalla dislessia alla disabilità intellettiva, dalle paralisi cerebrali infantili ai disturbi della condotta, dalle malattie neurodegenerative all’anoressia e molte altre.

Genitori, pediatri e insegnati sono più attenti e informati, e si accorgono anche precocemente di segnali che indicano che qualcosa non sta funzionando nello sviluppo neuropsichico del bambino, ma i servizi non sono in grado di garantire risposte sufficienti e tempestive.

Benché nella maggior parte delle situazioni un trattamento precoce e tempestivo possa modificare la prognosi, meno di 1 bambino/adolescente su 4 riesce ad accedere alle cure di cui ha necessità. Si stima che non siano più di 600.000 gli utenti dei servizi pubblici di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza a fronte di una popolazione complessiva sofferente di circa 3,6 milioni unità.

“Come la salute, anche la salute mentale non è solo assenza di malattia. E’ uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale la persona è in grado di sfruttare al meglio le proprie capacità cognitive ed emozionali, di stabilire relazioni soddisfacenti con gli altri e di partecipare in modo costruttivo ai mutamenti dell’ambiente – spiega Paolo Siani, Presidente dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) – Oggi sappiamo che è nell’infanzia che la salute mentale ha le sue radici, e investire in questa direzione è strategico per il benessere futuro di tutta la popolazione”

“Le più recenti ricerche nelle neuroscienze ci dicono che la salute mentale è il risultato di interazioni complesse tra genetica, neurobiologia e ambiente – continua Maurizio Bonati, Direttore del Dipartimento di Salute Pubblica dell’IRCCS Istituto di ricerche Farmacologiche Mario Negri -. Ci dicono soprattutto che nella maggior parte dei casi la componente genetica non determina in modo lineare il rischio di malattia, ma implica semplicemente una maggiore sensibilità agli effetti dell’ambiente. Uno stile genitoriale positivo, l’ascolto delle emozioni dei bambini garantendo al contempo limiti sereni ai comportamenti, l’esposizione precoce alla lettura ad alta voce, la presenza di servizi educativi per la prima infanzia di qualità hanno ricadute importanti per tutti i bambini, ma hanno un’efficacia molto maggiore per quelli ad alto rischio”.

“E’ per questo motivo che fin dal 2008, in un appello ai politici e ai cittadini abbiamo indicato la salute mentale come una delle priorità fondamentali su cui investire per promuovere una migliore assistenza e favorire un migliore sviluppo dei più piccoli e della salute futura della popolazione – aggiunge Paolo Siani -. Due sono gli ambiti essenziali su cui investire: da un lato, l’attenta programmazione di interventi di promozione della salute mentale che coinvolgano i contesti scolastici, educativi e sociali, a partire dalle conoscenze che abbiamo oggi dalla ricerca. Dall’altro, l’attivazione di adeguate strategie di prevenzione, diagnosi precoce e intervento all’interno di servizi specialistici del territorio. Entrambe aree drammaticamente trascurate nel nostro Paese e su cui dal 2008 ad oggi nulla è stato fatto”.

“Il diritto alle cure per i bambini e gli adolescenti con disturbi neuropsichici e per le loro famiglie – conclude Antonella Costantino, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza (SINPIA)– è ancora largamente disatteso, con enormi differenze tra le Regioni. Gli interventi necessari sono multimodali all’insegna della partecipazione dei pazienti delle loro famiglie, degli operatori, ma soprattutto dei decisori politici. Oggi la maggior parte dei riferimenti normativi necessari per poter garantire risposte adeguate ai bambini e agli adolescenti con disturbi neuropsichici e alle loro famiglie ci sono, ma purtroppo non sono stati finora sufficienti. Anche il richiamo presente nel Piano d’Azione Nazionale Salute Mentale, approvato in Conferenza Stato-Regioni nel 2013, che pone come primo obiettivo per l’area infanzia-adolescenza l’esistenza di una rete regionale integrata e completa di servizi per la diagnosi, il trattamento e la riabilitazione dei disturbi neuropsichici dell’età evolutiva, è rimasto inapplicato. Servono risorse certe destinate in modo vincolato al completamento della rete di servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, e precisi impegni regionali. E contestualmente serve un Piano d’Azione per la promozione della salute mentale in infanzia e adolescenza, perché l’OMS ci dice da tempo che i disturbi neuropsichici pesano sulla salute collettiva più delle malattie cardiovascolari e che è fondamentale investire in attività preventive nell’infanzia”.

da milanopost.info

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Direzione Generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione
Ufficio primo (Scarica il documento)

Oggetto: Linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità.

Si trasmette l'unito documento di linee guida con il quale il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisce indicazioni in materia di integrazione degli alunni i disabili nella scuola.
Le direttive impartite si muovono nell'ambito della legislazione primaria e secondaria vigente e mirano ad innalzare il livello qualitativo degli interventi formativi ed educativi sugli alunni portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
Nel confermare con la massima forza il principio della piena integrazione nelle classi ordinarie ed alla luce delle esperienze pluriennali fin qui condotte, il documento ripercorre le tappe degli interventi come fin qui concretamente realizzati nella pratica operativa al fine di valutarne la reale corrispondenza ai principi e alle norme che disciplinano la materia.
L'obiettivo non è dunque quello di introdurre variazioni nelle disposizioni, fatto peraltro non consentito, quanto di fornire agli operatori scolastici una visione organica della materia che possa orientarne i comportamenti nella direzione di una loro più piena conformità ai principi dell'integrazione. Le SS.LL. avranno cura di dare la massima diffusione alle "linee guida" fra le scuole di ogni ordine e grado dei rispettivi territori di riferimento, richiamando la loro attenzione sulla necessità di adottare ogni possibile modalità per rendere effettive le direttive impartite dall'On.le Ministro.
Si ringrazia per la collaborazione e si resta a disposizione per ogni necessità.

IL VICE DIRETTORE GENERALE
Sergio Scala

 

Evento di straordinaria portata sociale il 2 agosto al padiglione Kip-Onu a Expo: il primo ospite ad aprire il programma denominato “Nutrire al Pianeta – Marco Cavallo contro l’esclusione” è Gregoire Ahongbonon, considerato il “Basaglia nero”, l’africano del Benin da oltre 30 anni impegnato in Africa contro la malattia mentale.

L’associazione di Trieste Marco Cavallo, che trae il suo nome dalla omonima statua creata da Vittorio Basaglia (cugino di Franco) e divenuta simbolo della lotta contro la malattia mentale, ha invitato Ahongbonon a Expo per un incontro pubblico durante il quale raccontare la sua storia. Soprannominato il “Basaglia nero”, Ahongbonon ha deciso di dedicare la sua vita alle persone con disturbo mentale, liberandole dalla schiavitù e ridando loro la dignità dell’essere umano. All’incontro partecipano anche don Paolo Zuttion, dell’Associazione di Solidarietà internazionale Jobel ONLUS con sede in Friuli Venezia Giulia impegnata in Africa al fianco di Gregoire, e Marco Bertoli, del dipartimento di Salute Mentale AAS 2 Bassa Friulana Isontina (Gorizia).


La vita di Grégoire Ahongbonon, originario di un piccolo villaggio del Benin, è segnata da un momento di svolta.
Sull’orlo del suicidio dopo insuccessi economici e personali trova consolazione nella fede. Toccato profondamente dalla frase “Ogni cristiano deve posare una pietra per costruire la Chiesa” guarda con occhi nuovi un uomo che vaga nudo per la città, lo avvicina, gli parla e capisce che è un malato mentale. Da quell’incontro decide di occuparsi delle persone affette da malattia mentale. Ancora oggi in Africa i malati di mente sono considerati posseduti dallo spirito maligno. Nei piccoli villaggi sono incatenati agli alberi o inceppati con uno o più arti, nelle città abbandonati nudi, perché questa è la “divisa del matto”.

In entrambi i casi vivono questa condizione fino alla morte perché nessuno può toccare o avvicinare un “matto”. Il lavoro di Gregoire inizia a Bouaké, in Costa d’Avorio, dove avvia un gruppo di preghiera che si trasformerà in un gruppo di carità per i malati bisognosi di cure. Oggi Gregoire e l’associazione Jobel, con i suoi volontari, sono attivi con diverse iniziative in Costa D’Avorio, Benin, Burkina Faso e Togo. Expo è il luogo dove il suo messaggio vuole essere amplificato.

da 12alle12.it

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